Nonostante Il d.lgs. 231/01 abbia compiuto ormai 14 anni stenta ancora a trovare spazio nelle PMI.
La motivazione si può cercare alcne volte nel costo dell’Organismo di certificazione che nella difficoltà di ragionare in termini di prevenzione.
Ma mentre i Sistemi di Gestione della Sicurezza sul Lavoro decollano, il “modello 231” è per molti ancora sconosciuto.
Ma se adattato alle specificità aziendali MOLTI sono i vantaggi di questo sistema.
Il primo?
Proteggere il proprio patrimonio !
Il reati possibili sono molti, il Sistema 231 aiuta ad anallizzare e ridurre il rischio, proteggendosi anche nei confronti di cause e frodi interne
Con il meccanismo sanzionatorio del sistema 231 l’azienda può dunque svincolarsi da ogni responsabilità dimostrando di aver adottato un efficace modello organizzativo e che l’illecito è stato compiuto aggirando i controlli predisposti.
Per le PMI i reati maggiormente rilevanti possono individuarsi in quelli relativi a: rapporti con le Pubbliche Amministrazioni; crimini informatici, reati societari; omicidio colposo e lesioni colpose per violazione della sicurezza nei luoghi di lavoro; autoriciclaggio; reati ambientali.
Novità 2015
Nel 2015 è stata aggiornata la disciplina in materia ambientale e societaria prevedendo nuove ipotesi di reato e innalzando la soglia della sanzione per le imprese. In materia ambientale la legge 68/15, tra le varie modifiche, ha introdotto nel codice penale il nuovo Titolo VI-bis “Dei delitti contro l’ambiente”, prevedendo un elenco di reati, tra cui:
- inquinamento ambientale, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna;
- disastro ambientale, chiunque, fuori dai casi crollo di costruzioni e disastri dolosi, abusivamente cagiona un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Oltre a considerare varie ipotesi di aggravanti e attenuanti, prevede un ravvedimento operoso ma anche la confisca, il ripristino dello stato dei luoghi, come pure sanzioni a seguito di omessa bonifica da parte di chi vi sia obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica. Altre ipotesi di reato sono quelle relative al traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e ai casi di impedimento del controllo (che espressamente richiama anche la disciplina in materia di sicurezza e salute sul lavoro).
La legge 69/15 ha invece apportato modifiche in materia di reati societari, in tema di false comunicazioni sociali:
- per le società non quotate (art. 2621 c.c.) non è più “contravvenzione” bensì “delitto” (che significa sanzione più gravosa) e punisce amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori che per conseguire per sé o altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore. Ciò anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. I fatti elencati possono considerarsi di lieve entità tenuto conto della natura, delle dimensioni della società e delle modalità o effetti della condotta;
Modelli organizzativi
Da tutto questo due sono le conclusioni cui si deve giungere. La prima è che tutte le imprese che dovessero aver già adottato un modello 231 dovranno intervenire a aggiornare i processi di controllo in modo da adeguarsi alle novità appena introdotte. La seconda è che tutte le imprese, anche se non hanno adottato un modello, dovranno in ogni caso ripensare attività e scelte in ragione di tutte le novità, tutt’altro che secondarie.
Il modello organizzativo deve essere considerato un trampolino di lancio per ottenere solidità economico-giuridica tale da permetterle di poter investire nel futuro (ragionando in termini di ritorno d’investimento). È in quest’ottica che deve essere pensato il modello 231.
legge 69/15
FONTE: PMI