L’AMBIENTE APPROVA LO SMART WORKING

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In questi giorni un po’ strani dove ormai il nostro computer è diventato un bene ancora più essenziale, tra le preoccupazioni e i vari stress c’è da dire però che ci stiamo abituando un po’ a questo SMART WORKING.

Così BWB vuole esservi vicina e presente dandovi qualche dato positivo!

Cos’è lo SMART WORKING?

Un nuovo approccio al lavoro senza vincoli di orario basato sul raggiungimento di obiettivi prefissati dall’azienda che non prevede la presenza costante del dipendente in ufficio. Una soluzione che potrebbe cambiare radicalmente la nostra routine quotidiana.

Secondo uno studio del 2018 lavorare dalla propria abitazione o da qualsiasi altra postazione, fa bene anche all’ambiente.

Nei risultati dello studio “The Added Value of Flexible Working” commissionato dal leader mondiale per la fornitura di spazi di lavoro Regus , si vede che una diffusione su vasta scala del lavoro flessibile ridurrebbe i livelli di diossido di carbonio di 214 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030.

Questa è la stessa quantità che verrebbe sottratta da 5 miliardi e mezzo di alberi. Ogni anno verrebbero risparmiate 3,53 miliardi di ore impiegate ogni anno per raggiungere il posto di lavoro,.

Prediamo ad esempio il Regno Unito dove i tempi percorrenza medi tra abitazione e il lavoro variano dai 60 agli 80 minuti, si risparmierebbero 7,8 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030.

Cosa vuol dire nella pratica?

In Italia secondo una ricerca, il 40% delle persone impiega oltre un’ora al giorno nel tragitto di andata e ritorno tra la propria abitazione e il posto di lavoro, con una quantità di emissioni di CO2 che ognuno di noi può calcolare utilizzando Map my emissions.

Stando ai dati Istat del censimento 2014, sono circa 29 milioni , le persone che ogni giorno effettuano spostamenti per recarsi sul posto di lavoro e la maggior parte utilizza l’automobile.

Se ogni lavoratore lavorasse dalla direttamente dalla propria abitazione, la riduzione del traffico e del numero di automobili porterebbe, alla diminuzione delle emissioni, e delle sostanze inquinanti come il particolato.

La Svezia è il Paese che attualmente sta facendo sempre più ricorso al lavoro flessibile, con una percentuale del 51% di smart workers. Lo sviluppo di questa pratica è ancora lontana dal suo potenziale reale.

Si pensa che solo entro il 2030 nella maggior parte delle economie sviluppate una percentuale di impieghi compresa tra l’8% e il 13% potrà beneficiare di pratiche di lavoro flessibile.

 Mauro Mordini, Country Manager di Regus Italia :

“Il lavoro flessibile è uno strumento molto potente e non bisogna fare l’errore di pensare che a trarne beneficio siano solo le aziende o i singoli lavoratori, perché anche la società e l’economia nel loro complesso hanno da guadagnarci. Le aziende non devono lasciarsi sfuggire l’opportunità di entrare a far parte di questa rivoluzione dello spazio di lavoro”.

Ognuno di noi pensa a cosa potrebbe fare per limitare i danni dell’emergenza climatica, una valida risposta potrebbe essere quella di essere smart, anche sul post di lavoro.

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